Quali disposizioni dovremo coltivare nell’interiorità di ogni persona in crescita, per far sì che l’incarnazione del Dio di Gesù trovi un presepe in cui nascere? La fede richiede la capacità di percepire ciò che pulsa oltre ogni oggetto sensibile. Ne segue che dobbiamo aiutare bambini e ragazzi affinché imparino a esplorare il mistero di Dio nel mondo in prima persona, per conto loro. A questo fine va approvata una mistagogia adeguata a ogni tappa evolutiva. Mistagogia, nella terminologia cristiana è ciò che conduce a quell’atteggiamento che permette al credente una retta partecipazione ai misteri cristiani.
In particolare modo, nella liturgia, indica l’ultimo periodo dell’iniziazione cristiana e avviene dopo il conferimento del battesimo, della confermazione e dell’eucarestia. Trasmettere dati, informazioni, nozioni sulla fede, sulla Bibbia, sul catechismo ecc., allo stesso modo in cui si danno cose, non serve; piuttosto, tutte queste informazioni vanno proposte come indizi di qualcosa di più profondo, come simboli che vanno oltre il concreto e rivelano il loro significato al cuore dell’uomo, che va in cerca di senso. La nostra esistenza, pervasa da continue novità, da notizie dell’ultima ora, da dispositivi che si aggiornano di continuo, trascorre nella sensazione che tutto sia effimero. Ogni cosa invecchia in fretta, nulla ha il tempo di assumere un peso storico, un rilievo. Tutto passa senza lasciare traccia. Per questo, chi voglia saperne di più su ciò che Dio fa nella storia degli eventi umani deve necessariamente considerare la storia passata. quanti attraversano l’ infanzia e la giovinezza nell’era digitale non avvertono le epoche remote, le realtà antiche: in sostanza, il passato. Se non aiutiamo bambini e giovani a scoprire che nella ripetizione c’è sempre qualcosa di nuovo, continueremo ad accrescere il loro disprezzo per ciò che è usato e che viene inteso come obsoleto, inutile, insignificante, da scartare. Invece, ripetere non è sempre un fatto negativo: non è necessariamente la conseguenza di un insuccesso. Molte volte ripetere è necessario per crescere meglio, per imparare al proprio ritmo, per assestarsi e trovare un equilibrio migliore. Tuttavia, c’è una dimensione della relazione con il passato a cui non dobbiamo indulgere. Parliamo della nostalgia, in quanto deformazione deleteria del ricordo. Il suo virus imprigiona la memoria nella gabbia dorata del rimpianto per «ciò che è stato e non è più», creando mentalità tristi e amareggiate, che idealizzano il passato e si rendono incapaci di scoprirne il significato per il presente. La nostalgia non vede la storia come maestra di vita: la relega in una galleria di oggetti da museo, vecchi e polverosi, volendo evocare emozioni di un passato trascorso per sempre, che nessuno potrà far rivivere. Dobbiamo combattere la nostalgia come una minaccia nei confronti della fede. I gesti simbolici o rituali a cui assistiamo non vanno spiegati: si sperimentano, si compiono, si fanno e basta. Un atto come mettersi in ginocchio a occhi chiusi, in silenzio, dice molto di più di qualsiasi spiegazione sulla preghiera e sul raccoglimento. La fede s’incarna nell’anima come parola di vita eterna, se viene protetta dalle grida emozionali a cui senza tregua esponiamo i bambini e i giovani. Essi sono individui che nel loro itinerario verso la maturità hanno bisogno di silenzi significativi. Dobbiamo imparare a riposare dall’essere costantemente informati su qualcosa. Se l’accumularsi dei dati ci dà l’impressione di essere informati o connessi, in realtà ci rende sempre meno informati e sempre meno capaci di comunicare. Si parla ormai di «infossicazione», intossicazione da informazione. Nel caso dei bambini e dei ragazzi, stiamo loro insegnando che l’informazione è sempre in eccesso, dunque probabilmente falsa e inutile per la vita pratica. Invece, bisogna aiutarli a concepire meccanismi di apprendimento orientati alla ricerca critica dell’informazione necessaria su qualcosa di significativo per la propria esistenza. La fede è una buona notizia per la vita di chi crede. Come si fa a non renderla un’informazione fra le tante? Come dovrebbe essere l’informazione sulle cose della fede, in modo da non farla cadere nello stesso calderone del resto?
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