Provocati

Siamo costantemente richiamati a non cedere alle tentazioni, vale a dire a non lasciare attrarre dal male che ci si presenta sotto un profilo accattivante, ma a evitarlo riconoscendolo proprio in quanto male. È questa infatti l’essenza della tentazione: l’incapacità di riconoscere il male in quanto tale, confondendolo con ciò che solo può dare compimento alla nostra libertà e alla nostra vita: il bene. Interrogarsi sulla tentazione, è un autentico interesse riguardante il senso della nostra vita umana e le condizioni per poter condurre una vita autenticamente e pienamente realizzata. 

La caduta nella tentazione denuncia, dunque, una situazione di rischio, con la possibilità di cedere alle forze negative che attraversano l’esistenza degli esseri umani. Purtroppo, ci troviamo, come spesso si dice, nella civiltà o nella «città» dell’apparenza la preoccupazione predominante degli abitanti della città moderna è l’apparire. L’ossessivo apparire provoca un altrettanto ossessivo guardare. Non ci si accontenta di vedere e di guardare e ciò porta facilmente a fare ciò che si è visto. In altre parole, la società che esibisce e che guarda va di pari passo con la società che imita. L’uomo ha dunque un’immagine distorta di se stesso. Succede che, la grande tentazione può essere intravista nell’esibizione che la fittissima rete informativa di oggi offre, ingigantendo le più svariate realizzazioni, i grandi successi. L’uomo e la donna di oggi sono costantemente sollecitati, invitati a lasciarsi prendere. Nella nostra società e nelle tensioni che siamo chiamati a vivere siamo spesso in bilico fra la realtà assunta faticosamente e la realtà sognata. Siamo tentati di fuggire dai compiti quotidiani, sollecitati dalle immagini di paesi fantasiosi da raggiungere. Cadere nella tentazione diventa allora sinonimo di cadere fuori dal proprio mondo. Tentati perché siamo chiamati a nascere a noi stessi, a rinascere continuamente, quotidianamente e faticosamente. Persino essere credenti è restare credenti è sempre stata una abilità non da poco, esposta a mille pericoli e difficoltà. Il primo elemento da considerare è il venir meno della pressione sociale che portava ad uniformarsi a stili di vita e a convinzioni che si potevano ricondurre alla fede cristiana. Andare a messa la domenica, sposarsi in chiesa, assumere certe abitudini (dal mangiare magro di venerdì al mandare i figli al catechismo) era assolutamente naturale, come oggi comperare uno smartphone. Ai nostri giorni non è più così, anzi la situazione è rovesciata. Il contesto sociale spinge verso la non credenza e la non appartenenza ecclesiale: per credere e per decidere di appartenere alla chiesa occorre una presa di posizione personale, forte e motivata, capace di rendere ragione della propria fede in contesti in cui essa appare perlopiù come una stranezza. Certamente credere in questo modo è più impegnativo, ma forse nell’altro modo la fede era così subordinata ad altri elementi (tradizione, reputazione, vantaggi sociali) da diventare secondaria e quindi molto spesso per nulla incisiva nel vissuto interiore e pratico, che al di là delle forme proseguiva per proprio conto. A questo cambiamento mi sembra doveroso aggiungere che oggi non è più una buona motivazione per essere credenti neppure il bisogno di sentirsi amati e lenire le proprie ferite emotive. Molte volte la predicazione che insiste su questi temi non coglie nel segno, perché per curare le ferite psichiche è necessario un cammino psicologico, e scoprirsi amati da Dio, per quanto fondamentale e liberante, non può essere considerato una specie di surrogato dell’amore non ricevuto da bambini o durante la crescita: l’amore di Dio ci incontra adulti e ci vuole adulti, per cui cercare Dio per ricevere il calore che ci è mancato rischia di rendere la nostra fede vacillante e non autentica. Altra cosa è scoprire in lui un amore che può farci rinascere al di là delle ferite e degli errori, ma questo chiede - di nuovo -  un cammino e una consapevolezza personale ben al di là della consolatoria idea che Dio ci voglia bene e ci protegga. 

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