C’è uno strano pregiudizio che serpeggia in questi ultimi anni, riassumibile più o meno con questo refrain: “i genitori hanno smesso di fare i genitori e fanno gli amici dei figli, così hanno perso di autorità e i figli sono allo sbando, viziati, iperprotetti, onnipotenti!”. Nella mia esperienza di parroco tra i ragazzi e nei gruppi di formazione per genitori riscontro l’esatto opposto: dove non c’è amicizia tra genitori e figli ci sono figli insicuri e genitori in difficoltà, dove c’è amicizia, invece, trovo figli felici e genitori soddisfatti.
Cosa è l’amicizia? L’amicizia è una relazione profonda, intima, che lega due persone in un vincolo, in una reciproca responsabilità verso l’altro. Amiche non sono quelle persone che passano semplicemente del tempo a divertirsi insieme, amiche sono quelle persone che si prendono cura l’una dell’altra; non sono quelle che condividono le gioie della vita, sono quelle che condividono tutto; amiche sono le persone che si dicono la verità pur rischiando di deludere le aspettative dell’altro, perché sentono la fiducia nel legame, nel patto non detto di reciprocità. Infine, l’amicizia sa di non essere perfetta, perché le persone che la costituiscono non lo sono e non lo saranno mai. L’amicizia è imperfetta, a volte frustante, ma intima, bella, fa venire voglia di invecchiare insieme. Di quale amicizia parliamo quando parliamo dell’amicizia tra genitori e figli? L’amicizia, quella vera, non ha nulla a vedere con un lassismo invertebrato, con un’incapacità ad imporre decisioni, con la paura dei contrasti! L’amicizia, quella vera, si nutre di confronto e di scontro. Non lascia indifferenti. Gli amici si dicono tutto, sanno essere molto frustranti quando dicono la verità, e anche molto coraggiosi perché lo fanno anche a costo di perdere l’amicizia. Gli amici smentiscono le false credenze che gli altri hanno su di sé, non hanno paura a dire la verità. Tra amici non si intrattiene un rapporto di reciproco divertimento, non si è semplici compagni di giochi. C’è sempre una disparità invece: l’uno può essere meglio dell’altro su qualche aspetto della vita, e allora darà il suo aiuto, i suoi consigli; su altri aspetti invece potrà essere l’altro l’esperto e allora il primo riceverà i suoi suggerimenti. Questa è reciprocità. Entrambi assumono un potere, che può costare caro se utilizzato male. Può costare l’amicizia, se il potere è abusato, se è usato per manipolare, per sedurre, per sottomettere. Come quelle false amicizie in cui uno si approfitta della fiducia dell’altro per ottenere dei propri profitti, spesso a causa dell’invidia. L’amicizia si snatura anche quando il potere è rifiutato, non assunto. È il caso in cui, ad esempio, un amico non fa nulla per sostenere l’altro, non fa nulla per impedirgli di sbagliare. È anche il caso in cui un amico compiace l’altro, per non creare problemi, per non perdere il rapporto se gli dicesse quello che pensava veramente. Nella relazione di amicizia c’è un impegno nei confronti dell’altro. Un impegno che è scelto, non imposto. Questo carattere di scelta fa dell’amicizia un patto, un’alleanza, che lega due persone. L’amicizia non ha un tempo determinato e non ha una meta specifica da raggiungere. L’amicizia è un legame, è un sentimento di appartenenza, di partecipazione profonda. È partecipare ad un medesimo bene, che è il centro della propria vita, al di là dei singoli momenti, al di là dei singoli obiettivi. Un amico vero non è colui che si frequenta di più. L’amico è colui che si può rincontrare dopo tre anni e ritrovarsi come fosse passata un’ora. L’amicizia va al di là della complicità momentanea. Il sentimento dell’amicizia non è quindi sentimentalismo, né qualcosa di puerile, piuttosto è qualcosa do molto elaborato e maturo. Di più, è un sentimento che fonda la stessa idea di civiltà, di comunità di persone. Ed ora torniamo alla domanda iniziale: può essere un genitore amico? I genitori che vedono nel figlio una estensione di sé, il precipitato dei propri desideri insoddisfatti, non hanno una relazione con un soggetto altro da sé, ma con una parte di sé che vorrebbe riparare; non hanno una relazione con un’altra individualità, con un corpo e una mente, hanno un rapporto con una proiezione di sé, di quello che “sarebbero potuti diventare se. L’amicizia non è iper proteggere, fare i compiti al posto del figlio, non frustrarlo mai, accontentarlo, mettersi sullo stesso piano, perché queste azioni sono il più delle volte soltanto un modo per proteggere se stessi da una frustrazione, quella di vedere ancora una volta le proprie difficoltà ripresentarsi nella vita del figlio; la relazione di amicizia consiste nel rinunciare a possedere la vita del figlio facendone un proprio mezzo per risolvere antichi problemi personali. Amico è colui che ci aiuta in ciò che desideriamo, non colui che si sostituisce a noi.
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