La Creazione: tra mitologia e teologia (Parte I)

Che cosa possiamo sapere della creazione? Certamente ben poco perché nessun testimone era presente quando il mondo non esisteva ancora. I primi testimoni sono apparsi solo dopo la creazione del genere umano. Perciò il narratore che descrive come Dio ha creato l’universo non può essere testimone oculare, specialmente nel caso del primo racconto della creazione (Genesi1,1-2,3), racconto che inizia con le parole ben note: “All’inizio Dio creò il cielo e la terra”. In questo racconto, in effetti, Dio crea la prima coppia umana solo nel sesto giorno. 

Per poter raccontare ciò che accade nei primi cinque giorni, il narratore deve per forza estrapolare e “immaginare” ciò che nessun testimone umano ha potuto vedere con i propri occhi. Lo stile di Genesi 1 è infatti abbastanza vicino a quello di alcune teorie moderne sull’origine del mondo. Preciso immediatamente che parlo unicamente dello stile e , ovviamente, non del contenuto di queste teorie. La cosa più sorprendente, se interroghiamo gli scienziati sull’origine dell’universo e ascoltiamo le loro risposte, ci accorgeremo che utilizzano mezzi simili: devono “immaginare” l’origine del mondo di oggi. Nessuno ha “visto” come è nato o si è formato il nostro universo. Lo scienziato deve quindi far appello alla sua “fantasia” per ricostruire l’origine del mondo. In realtà, l’autore di Genesi 1 agisce in modo molto simile. Non possedeva, certo, le conoscenze degli scienziati di oggi. Il suo linguaggio e il suo modo di pensare non sono neanche quelli degli scienziati, ma piuttosto quelli dei teologi o dei poeti. Il modo di procedere è però identico: a partire dall’osservazione del suo universo, cerca di capirne e di ricostruirne l’origine. Questo testo è stato concepito e scritto durante o, forse, subito dopo l’esilio del popolo d’Israele (586-536 a.C.) per l’impossibilità di leggere Genesi 1 senza percepirvi l’influsso della mitologia mesopotamica. Il solo fatto di descrivere il mondo primordiale come un “caos acquatico”, vale a dire un universo completamente ricoperto da acque e immerso nelle tenebre (cfr. Genesi 1,2), è tipico della Mesopotamia, pianura attraversata da due grandi fiumi, ma non lo è della terra d’Israele dove il “caos primordiale” viene rappresentato piuttosto come una terra desertica e senza acqua (Genesi 1,4b-5). In Mesopotamia come nella maggioranza delle mitologie, la “storia” inizia prima della creazione del mondo e dell’umanità con una “storia” degli dei che precede la creazione del nostro mondo. Gli avvenimenti di questa “storia divina” hanno un’incidenza diretta sulla storia umana e la predeterminano. Nel mito di Atrahasis, il genere umano fu creato per sostituire gli dei inferiori che rifiutavano di lavorare per gli dei superiori. In particolare, questi dei inferiori si erano rifiutati di scavare i canale di irrigazione assolutamente necessari alla coltivazione dei campi in Mesopotamia. Quindi, secondo questo racconto, il destino dell’umanità è stato fissato dagli dei prima della creazione e, dal momento in cui vengono creati, gli uomini possono solo sottomettersi al loro destino, quello di lavorare per gli dei e di nutrirli offrendo sacrifici. Per la Bibbia, invece, l’inizio della storia coincide con l’inizio del nostro mondo. Niente è “accaduto” prima di questo momento; esisteva solo Dio e la terra era “deserta e vuota” (Genesi1,2). La storia dell’umanità è quindi determinata esclusivamente da ciò che viene deciso al momento della creazione del nostro mondo e dopo questa creazione, ma non prima di essa. La libertà umana è pertanto meno “predeterminata” nella Bibbia che nel mondo mesopotamico. La religione della Mesopotamia possedeva diversi “miti di creazione” nei quali gli dei estendevano il loro dominio sull’universo da loro creato. Il testo di Genesi 1 asserisce la superiorità del Dio d’Israele su tutte le divinità della Mesopotamia (e delle altre nazioni). Anzi, queste divinità sono in realtà “creature” del Dio d’Israele. Gli astri, ad esempio, vengono creati da Dio il quarto giorno della creazione (Genesi 1, 14-19). Le divinità mesopotamiche erano identificate con gli astri (il dio Shamash era il sole, il dio Sin la luna, la dea Ishtar era il pianeta Venere, ecc…). La distruzione di Samaria nel 721 a.C., poi quella di Gerusalemme nel 586 a.C. furono esperienze drammatiche e traumatiche. Molti “persero la fede”, si direbbe oggi, o almeno videro le loro speranze ridotte in frantumi da un Dio che sembrava aver abbandonato il suo popolo alla sua triste sorte. Per combattere la disperazione e lo scoraggiamento molto diffusi fra gli Israeliti, il testo di Genesi 1 riparte dalle origini del mondo per mostrare che il “male” non fa parte del piano divino. Il mondo creato da Dio è del tutto positivo. Per esempio, il testo di Genesi 1 non contiene una sola negazione. Ben sette volte (numero sacro), il testo ripete che “Dio vide che [quello che aveva fatto] era buono” (1,4.10.12.18.21.25.31). Significa pertanto che la radice di ogni cosa e di ogni essere in questo mondo è sana. Se esistono corruzione, morte e male, essi sono arrivati solo in seconda battuta. Genesi 1 mostra chiaramente che gli uomini sono tutti uguali. In effetti, le piante e gli animali sono creati “secondo la loro specie” (1,11-12.21.24-25). Non è il caso però quando Dio crea la prima coppia umana (1,26-27). Non sono creati “secondo la loro specie”, ma “a immagine di Dio, come la sua rassomiglianza”. Non vi sono quindi “razze umane”, e nessuno può pretendere di appartenere a una “razza superiore”. Tutti sono uguali perché tutti sono creati a immagine dello stesso Dio (cfr. 5,1). Di conseguenza, tutti gli uomini portano in sé qualche cosa di “sacro” e di inviolabile”. 

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