Tu prete

Un giovane che diventa prete tra i venticinque e i trent’anni – o anche trentacinque – sa di aver preso una decisione che ha l’ardire di essere per tutta la vita e che non prevede – almeno nelle intenzioni, peraltro vagliate in un cammino durato anni – la possibilità di tornare sui propri passi. Se fino agli anni Ottanta del secolo scorso fare una scelta per la vita a venticinque anni aveva il sapore di un’opzione compiuta in un’età giudicata ragionevolmente adeguata, oggi il commento più spontaneo di fronte a chi fa una scelta di questo tipo è: «Com’è giovane!». A trent’anni si è ancora dei “ragazzi”. E anche a trentacinque!

I primi a stupirsi di una decisione del genere sono spesso proprio i coetanei che rimandano al compagno che decide di diventare prete l’impressione che tutto stia accadendo troppo presto. D’altra parte, però, è anche vero che i coetanei che non hanno ancora fatto scelte cosi “compromettenti” si mostrano spesso curiosi e benevoli quando vedono nel loro giovane amico l’espressione di un’adesione sincera a valori impegnativi: tra questi, il desiderio di dedicare la propria vita agli altri, ai più poveri, a chi ha bisogno di guide per crescere, ma anche una forte tensione spirituale. I giovani sanno mostrare interesse e anche ammirazione nei confronti di chi sceglie una vita di dedizione per qualcosa di grande e alto, a patto di vedere sincerità e autenticità nella persona che si decide per una vocazione così “particolare”. Da questo il giovane prete si sente gratificato.

È importante ricordare anche che la maggior parte dei giovani che oggi entrano in seminario vengono da un percorso di vita che li ha portati a condividere la preadolescenza, l’adolescenza e, per alcuni, anche la prima giovinezza con coetanei che non hanno mai pensato di diventare preti o di compiere una scelta di consacrazione religiosa. Spesso, diversamente da ciò che accadeva in un passato non troppo lontano, la maggior parte di coloro che sono ordinati sacerdoti non ha vissuto l’esperienza del Seminario Minore, ma i percorsi più diversi: non solo il liceo, ma spesso scuole superiori d’impronta tecnica o economica… Alcuni tra loro hanno fatto l’esperienza del lavoro, che li ha portati a condividere luoghi esistenziali e ritmi di vita con i coetanei.

Così, c’è chi mantiene anche delle amicizie profonde con gli ex-compagni delle scuole superiori e dell’università. Magari amicizie con coetanei che non hanno nessuna pratica religiosa e nemmeno si dicono credenti. Legami con persone giovani che non hanno un mondo valoriale simile a quello di un prete, ma con cui è possibile avere un confronto, ritrovarsi in alcuni gesti che si rifanno a valori condivisi.

Il venire a conoscenza di percorsi seri di vita che altri giovani intraprendono e portano avanti con sacrificio, porta il giovane prete a rendersi conto che non è poi così vero che solo a lui siano richiesti sacrifici e rinunce, e che ai coetanei la vita riservi solo gratificazioni.

Il giovane che è prete si rende conto che per essere contento bisogna accettare il limite delle proprie scelte, e scoprire il limite come ciò che dà forma a una vita dedicata. Questa strada ha una notevole dimensione spirituale: contempla che ci si consegni a una scelta che chiede di abitare il limite non come frustrazione del desiderio, ma come spazio in cui il desiderio possa trovare pienezza e come esperienza di quel frammento in cui trovare il Tutto.

 

I più giovani, al contrario, parlano di un cammino in cui pian piano, e non senza soffrire, si sono lasciati “scomporre”, per potersi ricomporre in una personalità nuova e consapevole delle proprie fragilità. Essi parlano di un itinerario di conoscenza di Dio che è passato dentro la loro storia concreta e che si è chiarito a poco a poco, anche attraverso battute di arresto e regressioni. Nei preti giovani è più forte l’idea di vocazione come scelta dell’uomo nei confronti di un progetto di Dio che è stato da loro riconosciuto passo passo. I preti giovani parlano del loro cammino come un’esperienza di conversione di prospettive: da un orizzonte di vita “prestazionale” a uno di “consegna di se stessi”. Sul tema della vocazione non si può pensare che tra preti giovani e preti adulti ci si intenda con il solo sguardo e ci si capisca senza doversi chiarire: è invece importante cercare spazi di comunicazione e di confronto significativi. Senza questo sforzo il rischio di non intendersi è alto.

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