Volontà di bene degli uomini

Dal Vangelo di Matteo, capitolo 15, versetti 22-25-28 «Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare “Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio», «si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: “Signore, aiutami!», «Gesù le replicò: “Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri”. E da quell’istante sua figlia fu guarita».

Scrive J. Werbick (Essere responsabili della fede. Una teologia fondamentale, Queriniana, Brescia, 2002, 517): «La redenzione è stata interpretata spesso ed esclusivamente in riferimento alla morale del peccato e della colpa; ma in realtà “che cosa ha bisogno di essere redento: la sofferenza o il peccato?”». La salvezza cristiana è annuncio di consolazione e di beatitudine per gli afflitti, si prende cura dell’uomo in quanto tale, sofferente prima che peccatore. La salvezza avvolge l’umanità nella sua interezza, con la sua fragilità e miseria. Si può parlare ancora di provvidenza di Dio in un frammento di storia, segnato da un virus che ha contagiato quasi cento milioni di persone e causato due milioni e centomila morti nel mondo (dati OMS, 27 gennaio 2021)? Non mancano credenti che leggono la pandemia in termini di punizione divina o ammonimento dall’alto (del resto in molti passi della Bibbia si usa questo linguaggio: il diluvio universale viene interpretato come punizione divina). Dietro il virus c’è la responsabilità divina o piuttosto la condizione fragile umana, con quale responsabilità? Quando c’entra Dio con tante situazioni di malattie e povertà?

Nella preghiera si è chiesto a Dio di liberarci dalla pandemia; in un contesto religioso tale linguaggio si comprende, ma potrebbe anche suscitare l’obiezione sull’attesa così lunga (perché aspetta così tanto ad intervenire?). Dio, creatore dell’universo, potrebbe intervenire con un atto miracolistico e bloccare immediatamente il virus, ma non lo ha ancora fatto. Probabilmente Dio – il Dio attestato dalla storia di Gesù di Nazareth - si muove in altro modo. Una preghiera formulata in maniera più corretta dovrebbe chiedere che Dio sostenga l’uomo (la sua intelligenza, cooperazione, impegno) nella lotta al virus («non abbandonarci nella prova»). La nozione di «provvidenza» - cui non possiamo rinunciare poiché siamo convinti che la storia abbia un fine – va ricompresa, superando il legame causa-effetto tra Dio e quello che capita nel mondo. Dio concorre con l’umanità al bene della storia, trasformando il male in bene.

Rifiutando i linguaggi di punizione – che non corrispondono al Dio di Gesù Cristo – riteniamo che Dio provvede all’umanità ispirando uomini e donne di buona volontà, facendoli cooperare per superare il male. Il male della storia o della natura non è mai voluto da Dio, ma può essere ricompreso come rivelazione della condizione umana in rapporto a Dio, può essere accettato – anche se non compreso – con un atto di fiducia in un disegno divino che non determina la storia ma la orienta, grazie a quell’evento che ha segnato la storia, la risurrezione.

Il dramma del virus non è motivo per incolpare Dio, per giustificarlo, ma per smascherare la nostra condizione di fragilità – che spesso dimentichiamo – e le nostre false potenze o sicurezze. È un giudizio su noi stessi. Il male, sia commesso che sofferto, ha nella maggior parte dei casi una responsabilità umana. In certe zone i bambini si ammalano di tumore a causa dell’inquinamento, non perché Dio è cattivo. C’è una frana che causa morti non perché Dio punisce, ma perché si è costruito in zona vietata.

 

Dio non permette mai il male, nel senso che non lo accetta mai, ma lo combatte nel modo in cui il male può essere veramente combattuto. Ovvero attraverso la volontà di bene degli uomini (la libertà), attraverso l’amore e in questo modo trasforma la situazione di male, che appartiene alla vita e alla condizione finita, in possibilità di bene.

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